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Stiamo diventando tutti poveri?

stiamo diventando tutti poveri

Ma stiamo veramente diventando tutti più poveri? In poche parole si, e la situazione non va a migliorare, come spiega bene Edoardo Sciré di Starting Finance.
Gli stipendi non sono più sufficienti, o come dicono i giornalisti la questione salariale è diventata centrale nell’economia dello stato.

La questione salariale è tornata centrale nel dibattito pubblico e nella riflessione economica in Italia, soprattutto in un quadro macroeconomico caratterizzato da crescita economica debole e inflazione fuori controllo negli ultimi anni.
I salari sono un elemento cruciale della domanda aggregata, sono al centro della condizione dei lavoratori e rappresentano l’oggetto principale, insieme ad una parte normativa, della contrattazione collettiva.
Negli ultimi anni, l’Italia, già caratterizzata da una lunga stagnazione dei salari reali prima ancora della crescita dell’inflazione a causa del Covid e dell’invasione Russa, ha registrato infatti un’inflazione elevata (+17,3% nel periodo 2021-2023).

Durante questo periodo, l’andamento salariale non ha seguito quella dei prezzi. I salari sono stati intaccati da un’inflazione principalmente determinata dalla crescita dei profitti, come riconosciuto dal Governo italiano nell’ultima Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (NADEF). Un ritorno ad un tasso di inflazione del 2%, obiettivo della Banca Centrale Europea (BCE), non sarebbe sufficiente per ripristinare il potere d’acquisto perso dai lavoratori italiani negli ultimi anni.

Sintesi della situazione salariale Italiana

Negli ultimi trent’anni, i salari reali in Italia non sono cresciuti quanto è cresciuta l’economia, registrando addirittura un calo rispetto ai livelli del 1990. Siamo più poveri di 35 anni fa. Questo declino è particolarmente evidente se confrontato con altri Paesi dell’Eurozona come Germania e Francia, dove i salari reali sono aumentati nello stesso periodo.

Diversi fattori contribuiscono a questa situazione:

La combinazione di questi fattori ha contribuito a creare una situazione in cui i salari reali in Italia sono diminuiti, aumentando le disparità di reddito e aggravando le condizioni economiche di molti lavoratori.

Perché stiamo diventando più poveri

La mancanza di crescita degli stipendi nei giornali di economia la troviamo sempre descritta come “stagnazione salariale”, un modo di dire che forse nasconde troppo la gravità del significato rispetto a “siamo più poveri”.
Comunque, le cause principali della stagnazione salariale in Italia sono molteplici e interconnesse.

Oltre a questi fattori, la crescita dei profitti aziendali a fronte di una stagnazione salariale contribuisce ad aumentare le disuguaglianze. La situazione è aggravata dalla crescita dei prezzi, che ha un impatto maggiore sulle famiglie con minori capacità di spesa.

Come stiamo messi rispetto gli altri paesi d’Europa

L’Italia ha registrato la maggiore diminuzione dei salari reali tra i paesi europei, con una diminuzione dell’8% tra il quarto trimestre del 2019 e il quarto trimestre del 2023.

Nell’Eurozona, la retribuzione reale per dipendente è diminuita in media del 3% durante lo stesso periodo, ma molti paesi che prima avevano una situazione salariale in crisi ora vanno molto meglio dell’Italia.

In Portogallo, la retribuzione reale è aumentata del 7%, mentre in Francia e Germania è diminuita del 3-4%.
Secondo Unicredit, queste differenze sono principalmente dovute ai diversi livelli di inflazione causati dalla pandemia e dalla guerra, con l’aumento dei prezzi del gas che ha avuto un impatto particolare su Germania e Italia.

Un altro fattore che contribuisce alle differenze è che i salari nominali in alcuni paesi hanno beneficiato dell’indicizzazione dei salari e degli aumenti del salario minimo.
L’Italia ha registrato la più forte contrazione dei salari reali tra i paesi europei a causa di richieste salariali relativamente contenute, un processo graduale di rinnovo dei contratti e l’assenza di un salario minimo.
Tra il 2019 e il 2022, i salari reali in Italia sono diminuiti di 1.000 euro all’anno per lavoratore.
Tra il 1992 e il 2022, i salari reali medi in Germania e Francia sono aumentati rispettivamente del 22,9% e del 31,6%, mentre quelli in Italia e Spagna sono diminuiti dello 0,9% in Italia e rimasti invariati in Spagna.
Nel 2022, i salari nominali medi sono aumentati in Germania, Italia, Francia e Spagna, ma l’aumento è stato ampiamente insufficiente a compensare l’aumento del costo della vita dovuto all’aumento dell’inflazione.

A cosa è dovuta questa differenza tra l’Italia e il resto d’Europa

Diversi fattori contribuiscono al divario salariale tra l’Italia e altri Paesi europei.

In conclusione, il divario salariale tra l’Italia e gli altri Paesi europei è il risultato di una combinazione di fattori strutturali e congiunturali. La bassa crescita economica, la bassa produttività, la precarietà del lavoro e la mancanza di un salario minimo sono alcuni degli elementi che contribuiscono a spiegare questo divario.

Come si risolve questo problema

Per contrastare la diminuzione dei salari in Italia, dovrebbero essere implementate diverse soluzioni:

Oltre a queste soluzioni, è importante affrontare le debolezze strutturali del mercato del lavoro italiano, caratterizzato da:

È importante sottolineare che l’aumento dei salari non rappresenta una minaccia per l’inflazione, poiché i salari sono solo una parte dei costi totali e possono essere assorbiti dai profitti delle imprese. Anzi, un rafforzamento della dinamica salariale potrebbe contribuire a sostenere la ripresa economica, soprattutto in un contesto di elevati profitti aziendali e rallentamento degli investimenti.

In conclusione

Per contrastare la perdita di potere d’acquisto e migliorare la situazione salariale in Italia, è necessario adottare misure che affrontino le cause profonde del problema.
La CGIL Nazionale evidenzia come la precarietà contrattuale, la discontinuità lavorativa e l’alta incidenza del lavoro a tempo parziale, spesso involontario, siano tra i principali fattori che determinano bassi salari.

Promuovere la stabilità lavorativa, riducendo i contratti di breve durata (fino a 3 mesi) come evidenziato dai dati del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, e favorendo il passaggio al tempo pieno, quando desiderato, contribuirebbe ad aumentare le retribuzioni. Inoltre, è cruciale garantire il rinnovo tempestivo dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL), tenendo conto dell’inflazione reale, per adeguare gli stipendi al costo della vita. Investire nella formazione e nell’aggiornamento professionale è essenziale per elevare le competenze dei lavoratori, soprattutto in un contesto come quello italiano caratterizzato da una maggiore presenza di basse qualifiche rispetto ad altri paesi europei.

Una crescita economica robusta è fondamentale per creare posti di lavoro di qualità e favorire l’aumento dei salari. Infine, è importante sottolineare che, contrariamente ad alcune preoccupazioni, l’aumento dei salari non si traduce necessariamente in un aumento dell’inflazione, come dimostrato dall’analisi della Banca Centrale Europea. Anzi, un rafforzamento del potere d’acquisto dei lavoratori può avere un impatto positivo sulla crescita economica, soprattutto in un contesto di elevati profitti aziendali.

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